Inzaghi ne ha bisogno come Capello

Giustamente, quando si pensa all’esperienza di Fabio Capello sulla panchina milanista, non si può che riprodurre un’immagine di forza granitica, di superiorità schiacciante, tale che spesso e volentieri le partite dei rossoneri si concludevano senza vedere gli avversari affacciarsi nell’area presidiata da Baresi e compagni. Eppure, anche se certo non li può considerare un episodio determinante, anche un pizzico di buona sorte ha contribuito a iniziare il ciclo, dando a una squadra già di gran valore la consapevolezza che le cose andassero per il verso giusto.

 

Alla terza giornata del primo campionato di Don Fabio, Juventus e Milan si incrociano allo stadio delle Alpi. Per quel che vale, entrambi sono a punteggio pieno, ma è indubbio che il match ha una posta in palio più simbolica che effettiva. Da un parte Trapattoni deve dimostrare che il suo ritorno in bianconero, da molti pensato e definito come una restaurazione, è la condizione sufficiente e forse anche indispensabile per rivitalizzare una squadra sconquassata dal ciclone Maifredi. Dall’altra, Capello ha ereditato il gruppo Sacchi e si sa che in questi casi i paragoni rischiano di essere tanto immediati quanto difficili da sopportare, sebbene non manchi il carattere giusto al neotecnico milanista.

 

La partita è favorevole ai padroni di casa. Passano in vantaggio con Casiraghi in apertura e convincono. Tanto che prima del fischio finale, Gianni Agnelli si lascia andare a un entusiastico commento: “L’1-0 va benissimo, ma il punteggio poteva pure essere più ampio. La Juve ha bloccato il Milan molto bene e ho visto un grande Roberto Baggio”. E anche Giampiero Boniperti, che de visu guarda solo i primi 45 minuti come da tradizione, non può che essere soddisfatto della concretezza della squadra, rilevandone la motivazione: “Mi pare che rispecchi in pieno il carattere di Trapattoni”.

Il problema è la beffa al secondo minuto di recupero. Che magari potrebbe anche legittimamente non mutare i giudizi circa le prospettive di gioco per il futuro, ma che un qualche peso sul morale ce l’ha (la Juve non andrà oltre lo 0-0 a Bergamo nella domenica successiva). E poi, è davvero troppo grossa quell’autorete, con deviazione involontaria di Carrera che fa finire il pallone all’incrocio dei pali (Gullit lo va persino ad abbracciare, tra consolazione e genuino ringraziamento…). Ma il vero tema, che mina qualche certezza da una parte e rinvigorisce quelle dell’altra, è che il pareggio sembra frutto di un atteggiamento troppo rinunciatario nel finale, figlio di un certo trapattonismo, mentre il Milan sembra credere fino in fondo alle sue possibilità, anche quelle più nascoste e impensabili. La storia dirà poi che tre giornate dopo il Diavolo allungherà e sarà già la fuga decisiva, anche se la Juve non mollerà mai del tutto e conquisterà un meritato secondo posto, ma a 8 punti di distanza (e la vittoria ne assegnava solo 2, oggi sarebbe un divario di -12…)

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