La fascia da capitano di Roberto Baggio, quella storica, quella vestita alla Juventus dal 1992/93, quella di Bologna (non sempre) e poi di Brescia (sempre), quella con la quale ha alzato il Pallone d’Oro.

Quella con tre colori e una scritta orientale con due ideogrammi. Quella che è nota al mondo come la fascia Soka Gakkai, il Vincere Sempre buddhista, credo che ben presto il Divin Codino abbraccerà nel proprio intimo tenendo sempre a debita distanza manifestazioni che non fossero appunto quel simbolo girato intorno al braccio sinistro, due o tre giri, con il blu, il giallo e il rosso.

Ecco, quel cimelio tessuto a mano e cucito a mano, quindi non stampato e non colorato a posteriori, è qualcosa che Baggio ha voluto esprimere al mondo lui che di parole non ne aveva mai molte. Amava i fatti, le prodezze, il concentrarsi sul proprio mestiere, non facile, che è stato anche per una serie di anni quello di difendere anche solo inconsciamente la nomea di miglior calciatore del pianeta.

Ma cosa rappresentano quei colori? Sono appunto i colori del buddhismo: la striscia con il blu reclama la compassione verso tutti gli esseri e lo spirito di pace, quella gialla è l’elogio della via di mezzo secondo l’insegnamento del Buddha Shakyamuni, lontano da qualsiasi estremo, quella rosa sono i doni della pratica spirituale e meditativa). Gli ideogrammi sono appunto la parola Soka Gakkai, la vittoria che poi è quella dell’animo prima ancora che quella sul campo. Ma Roberto Baggio ha elevato tutto, sportivamente parlando, lo ha elevato unendolo in un solo corpo, in un solo nome che ancora oggi può fare il giro del mondo anche se appena sussurrato. Lui ha vinto, ha anche tenuto poi il calcio lontano il giusto per non finirci dentro testa e piedi, guastando tutto. Ha sfiorato un mondiale praticamente da solo. Ha rappresentato anche in certi frangenti il volto triste delle aspettative proprie e altrui: il rigore di Pasadena, le panchine al Milan con Capello, i dissidi interisti con Lippi. Poi la seconda vita sportiva, quella in provincia. Dove la fascia della pace interiore fu vestita fino all’ultimo giorno tranne che soltanto a Brescia una volta, subentrando a gara in corso, ne vestì un’altra che poi era quella di Pep Guardiola il quale pur rimanendo in campo, e quindi capitano a tutti gli effetti, gli consegnò la sua in segno di devozione e rispetto.

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