Prandelli lo considera un esempio di lavoro e applicazione. Ma oltre a ciò che ha fatto a Coverciano, Insigne merita il Mondiale  

Sembrava uno dei 30, piazzato nelle retrovie, nell’attesa che si materializzasse il completo recupero di Pepito Rossi o che Mattia Destro convincesse compiutamente il CT. E, invece, a sorpresa, Lorenzo Insigne ha scalato le posizioni e si è guadagnato un posto per il Mondiale del 2014. Ma è davvero così strano il suo posto tra i 23? Lasciamo per un attimo da parte la scalata del ventitreenne dai tempi dell’Under 21, un percorso virtuoso non privo di momenti di arresto o pausa, ma anche sufficiente per far capire che Insigne è uno di quei talenti che sanno soffrire e uscire da normali momenti di appannamento. Limitiamoci a osservare la sua esperienza con Prandelli. Si scopre così che le 4 apparizioni del napoletano in azzurro Nazionale sono state tutte fortemente positive. E non è neanche tutto. A ben guardare, ogni partita ha rappresentato una tappa di crescita: l’esordio con Malta da subentrato di Diamanti (gara di qualificazione mondiale e prima buonissima risposta); il gol nell’amichevole con l’Argentina, ancora una volta da panchinaro; infine, le due prestazioni da titolare con Bulgaria e Armenia, dove è stato valutato anche come migliore in campo.

Inoltre, c’è un piccolo particolare che potrebbe servire molto in Brasile. Anche qui, accantoniamo un attimo i gol, i calci di punizione, i numeri fatti col Napoli. C’è un aspetto estremamente interessante del gioco di Insigne: la preparazione intelligente per i tiri da fuori dei compagni. Con il club ha costruito ben 3 reti in stagione in questa maniera: al Bentegodi con il Chievo e in casa con Catania e Verona. Certo, ad approfittare di questa sua capacità sono stati Hamsik e Mertens, ma non è che manchino i tiratori da fuori nella nostra Italia.

Concludendo: e se invece di Giuseppe Rossi alla Paolo Rossi trovassimo in Brasile un Lorenzo Insigne alla Bruno Conti? Sarebbe davvero così strano?

 

 

 

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