Europa e Latinoamerica: due modelli di calcio (quasi) simili a confronto. Chi ha imparato di più dall’altro?

 

La vittoria in extremis dell’Olanda non confonda. Il calcio latino americano (in particolare ovviamente quello sudamericano) sembra avere in questo momento una marcia in più. Squadre non più sprovvedute sul piano tattico, migliorate (imparando proprio dal calcio europeo) in fase di non possesso, con linee ravvicinate, equilibri tattici (quasi) sempre perfetti, esterni che scalano, raddoppi di marcatura, ma anche in fase di possesso, con sovrapposizioni degli esterni, dribbling non più fine a se stessi e tanti movimenti senza palla per aiutare il compagno in possesso della sfera. Insomma il meglio del calcio europeo somministrato nel futbol che (a differenza di quello del suo maestro) non ha perso una sorta di spregiudicatezza in alcune sue giocate, di sana imprudenza nel tentare la conclusione e di un tasso tecnico sempre sopra la media (ne sono una perfetta testimonianza il gol di James Rodriguez della Colombia e di Giovani dos Santos del Messico). Il calcio europeo sembra decisamente più prigioniero dei suoi tatticismi, che per quanto fondamentali per definire l’assetto di una squadra, spesso ne vincolano alcune giocate, e le condizioni atmosferiche in cui si svolge il Mondiale sembrano non garantire (assieme alla tenuta fisica) l’ordine in campo. L’Olanda ha vinto non per Van Gaal (perché sostituire Van Persie anche se non stava facendo una gran partita? Sotto di un gol uno così non lo togli. Forse per mantenere l’equilibrio tattico?…), ma per la freddezza di Snejider che ha raccolto una palla vagante in ardea di rigore,  per Robben che ha conquistato da solo un calcio di rigore a tempo scaduto. Eh già, freddezza ed esperienza, forse questo i latino americani ancora non l’hanno…

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