Brasile-Messico termina 0-0 ma nulla a vedere con la noia. Per quanto il pubblico di casa possa aver masticato il sapore della delusione, lo spettacolo non è mancato.
Di fronte due scuole calcistiche opposte che solo apparentemente si sono inibite a vicenda. In realtà nel calcio accade che contino i ruoli, i momenti magici, la “garra” e la gamba. Tra i primi da segnalare senza dubbio il fattore-portiere, spesso favola che si consuma nel giro di una notte, con il messicano Ochoa protagonista assoluto a fronte dei tentativi di Neymar (unico giocatore pericoloso del Brasile per tutti i 90 minuti, questa volta molto meglio di Oscar) e contemporaneamente la partita di capitan Marquez tra difesa e impostazione.
Cosa ci ha messo il Messico per poter dire che questo punta non è per nulla rubato? Organizzazione difensiva, un trio di centrocampo di veri martellatori e l’impavida voglia di tirare da fuori con costanza, liberando spesso e volentieri l’uomo, segno che il Brasile di difetti evidenti ne ha più d’uno. Ci provano in serie Guardado, Herrera e Fabian. Lambiscono traverse mentre dall’altra parte i centravanti della Selecao (prima Fred poi Jo) guardano i tiri degli altri. E’ il vero paradosso della serata, con il Brasile che in fondo paga due scotti a livello tattico su cui in tutta onestà Scolari non può nulla se non arrabbiarsi nella spogliatoio non prima però di aver abbracciato il collega messicano: inferiorità sistematica a centrocampo con il trequartista che non si abbassa mai dietro la linea della palla e il mancato sopravvento sulle corsie esterne dove invece dovrebbero crearsi ripetuti due contro uno a favore dei verdeoro. E invece niente, Thiago Silva s’arrabbia, Julio Cesar salta di qua e di là, perché il Messico intanto tira dappertutto. E fa giustamente il punticino per andare a quota 4.