La risorsa dei titolarissimi di Allegri

E’ una riflessione che dura da tempo e che adesso finalmente inizia ad avere qualche elemento di realtà con il quale misurare l’ipotesi di costruzione della Juventus 2015-16: quanto è necessario il contributo dei tre centrocampisti titolari affinché la squadra possa esprimere la sua piena competitività? Dopo 4 gare e un pezzetto (i 10 minuti iniziali del derby) si può stilare un primo parzialissimo bilancio su come Khedira, Marchisio e Pogba possano costituire l’asse portante perché i bianconeri riescano a rimontare in campionato ed esprimersi compiutamente in Europa. Il campione delle gare giocate insieme è ancora troppo piccolo e sarebbe un errore limitare alla loro presenza pregi e virtù delle partite che li hanno visto contemporaneamente in campo. Resta però indubitabile che è forte l’impressione di solidità complessiva, di sicurezza nei propri mezzi e – soprattutto – nella gestione e nel superamento dei momenti complicati. Lo si è visto nei minuti successivi al gol di Maccarone domenica pomeriggio, quando – pur senza accelerare il ritmo più di tanto – il centrocampo della Juve ha ripreso in mano la gara e ha capovolto il risultato in tempi molto rapidi.

Nessuno dei tre, a ben vedere, ha ancora offerto il meglio del suo repertorio. O per essere più precisi, non si è ancora potuto constatare quanto la loro continuità delle prestazioni potrà davvero plasmare l’identità della squadra, con valori che potranno sostituire con le loro peculiarità quegli elementi che hanno fatto parte del dna profondo degli anni scorsi e che sarebbe ingenuo pensare di poter riconquistare tout-court: l’opera di resilienza incarnata da Andrea Pirlo, la regolazione dell’intensità ad opera di Arturo Vidal. Khedira, Marchisio e Pogba eccelleranno in dimensioni che ancora devono prendere una forma più definita e che potrebbero anche risultare una vera sorpresa in positivo per il futuro immediato e per quello a lungo termine.

Per intanto, può essere interessante soffermarsi su quanti visto finora nei 5 incontri che li hanno visto interagire, con risultati buoni (3 vittorie e 2 pareggi), non ancora sufficienti per il definitivo salto di qualità ma indicativi di una linea di tendenza chiaramente diversa rispetto al balbettamento iniziale, quando le assenze di Marchisio e Khedira in contemporanea sono risultate pesanti (il che non deve suonare ad alibi, semmai da riflessione per trovare contromisure qualora si riproponessero vicende simili).

Il battesimo è avvenuto a San Siro. E, plasticamente, il tema della necessità che il reparto di mezzo della Juve garantisca anche maggiore concretezza in zona gol ha trovato materializzazione nel fotogramma simbolo della sfida, il palo colpito da Khedira. Insieme al difetto, c’è anche il pregio: il dominio del secondo tempo – con momenti di vero assedio – e un’impressione di superiorità che stride con il -9 in classifica sull’Inter e che però induce anche a ottimismo sulle possibilità di annullare il gap.

Luci e ombre nello 0-0 successivo in Champions League. Contro il Borussia Moenchengladbach, la Juve domina ed emerge Pogba, autore di ben 10 tiri in porta. Ma la verve del Polpo è anche la reazione all’incapacità di trovare sbocchi in area di rigore, alla famosa denuncia iterata di Allegri della necessità di crescere nella scelta dell’ultimo passaggio.

Pochi giorni e già si verifica quanto la compresenza dei tre faccia crescere la squadra. Juventus-Atalanta è un 2-0 convincente, 9 le occasioni prodotte, Buffon del tutto inoperoso, Pogba ancora molto vicino all’area di rigore avversaria a ispirare nei due gol (col tacco sul 2-0 davvero sublime). Una vittoria che la Juve bissa nel derby, dove i magnifici 3 stanno insieme in campo troppo poco per stilare una qualche legge. Però si conferma la crescita del numero 10 e della sua incidenza in zona offensiva, con una rete capolavoro nel primo tempo e l’ispirazione nel sigillo definitivo di Cuadrado (con tanto di avvio dell’azione con altro colpo di tacco).

Infine, Empoli. Dove emerge la serenità della quale abbiamo già parlato, ma che rivela anche un serio problema sul quale la Juve deve lavorare per correggersi: la fatica nel recupero palla pulito, che si traduce in ben 22 falli commessi, 8 in più degli avversari. Troppi, per una partita che nel secondo tempo ha un andamento più regolare, a maggior ragione dopo che l’allenatore stende la coperta protettiva del 3-5-2.

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