Bonucci e Morata decidono il Derby d’Italia. Ecco cosa c’è dentro il 2-0 all’Inter
Chissà, magari con il passaggio del tempo Juventus-Inter verrà più ricordata più per ciò che ha detto sui nerazzurri, apparsi in totale crisi di idee e con prospettive di partecipazione alla lotta per la Champions League decisamente ridotte. Non basta la considerazione di avere portato il risultato in parità all’intervallo. Quello 0-0 è evaporato subito all’inizio della ripresa, quasi che nello spogliatoio la squadra si fosse confessata la propria inferiorità, invece di farsi forza per quanto fosse riuscita a imbrigliare i padroni di casa. Evidentemente, i segnali erano stati molti più negativi di quanto l’addormentamento della seconda parte del tempo facessero intendere e – puntualmente – si sono manifestati con immediatezza, con l’errore di D’Ambrosio sfruttato da Bonucci, un’incertezza che quest’anno allo Juventus Stadium non aveva mai tradito neanche la più piccola delle provinciali.
Per quanto riguarda la Juve, le fotografie migliori della sua partita si pongono come segnali d’entusiasmo che si potrebbe definire produttivo. Accensioni immediate che potevano portare a un risultato forse non più rotondo, ma certamente più facilmente raggiungibile. In questa parte di stagione, dove la stanchezza inizia a mostrarsi in maniera abbastanza netta, vivere di queste spallate può anche risultare determinante, come ha dimostrato perfettamente la modalità della rimonta contro il Bayern. I due momenti più significativi in tal senso stanno all’inizio dei due tempi. Intanto, il primo acuto, ad opera di Hernanes. Al di là della collocazione tattica nella quale viene impiegato – con una risposta positiva: la sua pulizia di gioco ha regalato sicurezza e non sempre è stata puramente scolastica – il brasiliano continua con insistenza a cercare la via della rete con conclusioni da fuori. La deviazione quasi impercettibile di Handanovic gli ha impedito di segnare una rete capolavoro, ma quella traversa gli ha dato ulteriori motivazioni per una partita che doveva rappresentare una conferma dopo la positiva interpretazione del secondo tempo nell’incontro di Champions League di martedì scorso.
Il secondo momento topico della gara è ciò che è avvenuto dopo l’1-0, quando sul cross di Alex Sandro è arrivato puntuale il sinistro di Dybala, una conclusione al volo che non ha trovato la porta ma che indica in maniera esemplare la strada che Allegri vorrebbe che si praticasse per una crescita da spendersi in Europa: velocità di passaggio e degli inserimenti senza palla, capacità di approfittare del momento di sbandamento degli avversari per determinare la differenza definitiva. La partecipazione al gioco dell’esterno brasiliano è uno dei fattori che potrebbero risultare ulteriormente importanti: già ha regalato assist che sono valsi punti pesanti (a partire da quello per Cuadrado nel derby), la sensazione è che l’ex Porto sia sempre più a suo agio al cospetto delle difese italiane e sappia proporsi in avanti senza necessariamente sprintare a mille all’ora.
Non si può raccontare la Juve di oggi – e forse anche quella degli ultimi anni – senza partire dalla sua solidità difensiva. Leonardo Bonucci ha probabilmente giocato la partita migliore della sua carriera. Oltre al gol, ha offerto un repertorio infinito di certezze, sempre a testa alta e sempre con l’idea che ogni giocata potesse determinare una situazione di superiorità numerica molti metri più avanti. Ieri si è vista la tempestività negli interventi dei centrali di una volta impastata alla rapidità e intelligenza di avanzate che l’Inter non riusciva mai a pressare. Una consapevolezza e una fiducia nei propri mezzi tecnici che Leo ha da tempo, Guardiola ne ha parlato la scorsa settimana e la critica italiana, invece, raramente saluta con 7 in pagella, preferendo soffermarsi su qualche lancio sbagliato. Ieri non ci sono state imperfezioni e si è capito una volta di più quanto sia importante avere la capacità, talvolta anche rischiando, di uscire da dietro palla al piede. Un dato lo conferma: l’atteggiamento non è mai cambiato (a eccezione dei minuti di recupero, con spazzate dall’area da rigore che ribadivano il concetto che lì non c’era spazio per gli attacchi nerazzurri): tanto nella prima frazione di gioco, quanto nella seconda, ben il 90% delle manovre sono state affidate ai registi della difesa, perché oltre a Bonucci non va dimenticato l’apporto dei suoi compagni di reparto, compreso gli esterni che giocano molto stretti con l’interno di riferimento e contribuiscono a incrementare il coefficiente di sicurezza nel palleggio.
Infine, i due aspetti meno positivi della prestazione bianconera. Segnali che sarebbe un errore trascurare, anche se credo che siano del tutto correggibili. Il primo è stato l’aver perso il filo dell’efficacia offensiva dopo lo straordinario approccio dei primi venti minuti, uno degli inizi più convincenti di questa stagione dove raramente la Juve ha segnato nel primo quarto d’ora. Più che una crescita dell’Inter, che pure ha cercato di alzare il baricentro e di proporre un possesso conservativo di livello adeguato, è sembrato che la coltivazione dell’arte della pazienza – della quale Allegri parla sempre – avesse finito per intorpidire un po’ tutti, finendo così per smarrire quella strategia di gioco precedentemente funzionante, con Khedira molto bravo a muoversi nello spazio per alimentare con tocchi nel breve gli inserimenti di vari compagni. E qui scatta il secondo punto: Paul Pogba. Pur provandoci, non ha mai determinato quelle spallate di cui è capace, quando spacca il campo con le avanzate. Se poi si aggiunge qualche compiacimento di troppo, si finisce per stilare una valutazione che condanna la sua mancata assunzione di leadership. Forse è il prezzo da pagare nel suo processo di disciplina tattica: il francese, più libero da compiti, sarebbe un fattore squilibrante, nel bene come nel male. Ma dopo anni di Juve, è legittimo chiedergli di aiutare la squadra a uscire dalle fasi difficili con un’assunzione di maggiore responsabilità. Per un semplice motivo: lui è assolutamente in grado di farlo. Soprattutto se aumenta il suo movimento senza palla, troppe volte la riceve di spalle, condannandosi così a uno scarico semplice.