Dopo il no al Liverpool che ha esonerato Rodgers, la posizione di Carlo Ancelotti non cambia: voglia di tornare anche a stagione in corso. La Premier è il pallino, a meno che…
Carlo Ancelotti ne ha fatta di strada. E il percorso non si è fermato alla Decima (Coppa dei Campioni) nella storia del Real Madrid, e neppure all’anno successivo, quello che ha chiuso un rapporto che era deficitario soltanto con il presidentissimo Florentino Perez, uno che non si direbbe ma anche nella lussuosa Madrid può di fatto decidere tutto da solo. Il tecnico di Reggiolo ha quel fare simpatico, è amato dai giocatori (Cristiano Ronaldo ultimo in ordine cronologico) ma soprattutto ha infilato una carriera in crescendo. Vincente. E non è stufo. Questo è ciò che trapela con certezza dal suo entourage, nonostante le cronache lo abbiano raccontato in villeggiatura in Canada e dunque solo apparentemente fuori dai giochi e fuori anche da qualsiasi tipo di voglia.
Perché Ancelotti vuol tornare. E vuole la Premier, se si lascia guidare dall’istinto e dall’esperienza. Il Liverpool aveva intercettato il filone di pensiero giusto, solo che siamo nel giro sbagliato: si parte da troppo in basso. D’altronde oggi Ancelotti non è più un tecnico programmatico, di ricostruzione. Non lo è più da quando portò il Milan dove tutti sanno, nello stile di gioco prima ancora che nei risultati (soprattutto internazionali). Chi lo approccia deve avere questa consapevolezza. Per esempio, ce l’ha Carlo Tavecchio, che l’ha messo al primissimo posto per un possibile ed eventuale dopo-Conte in vista dell’interessante estate degli Europei francesi 2016.
Però il buon Carlo ha qualcosa di concreto nel mirino. E quel concreto si chiama Manchester. Valgono entrambe le sponde. A poco conta, per come gira il calcio, che i Red Devils faranno di tutto per non ripetere la parabola avuta con David Moyes con un tecnico del carisma di Van Gaal e che sponda City si dica e scriva che sia tutto fatto con Guardiola per il prossimo giugno. Che poi, a sorpresa, si sia riaperto il filone Chelsea visto e considerato il momento “tragico” di Mourinho è solo un discorso in più. Assolutamente valido e allettante. Che per Ancelotti non significherebbe minestra riscaldata. Per lo meno, dal suo punto di vista. Per quanto i Mondiali siano forse davvero l’unica cosa nuova da mettere a curriculum. Con buona pace anche della solita storia per cui lui, un giorno, vorrebbe allenare la Roma.