Il colombiano classe ’88, Juan Cuadrado, ha vissuto fino a questo momento  un cambiamento importante per quanto concerne il suo ruolo. Da difensore ad attaccante il passo è stato breve

Il mondo del calcio è quell’ambiente dove la seconda possibilità non si nega a nessuno, o quasi. I calciatori, nel corso della loro carriera, vivono sul filo dei giudizi: un giorno sono considerati Dio, mentre dopo poche ore la critica può metterli in difficoltà con giudizi ampiamente negativi. Juan Cuadrado, fino a qualche mese fa, veniva classificato come un crack capace di fare la differenza ovunque, in qualsiasi campionato. Alla Fiorentina grandi giocate, gol e assist a grappoli che non lasciavano presagire al fallimento londinese con la casacca del Chelsea. Qualche problema di natura fisica, abbinato a uno scarso feeling con José Mourinho, infatti, hanno fatto calare le quotazioni del colombiano, passato alla Juventus con la formula del prestito oneroso con diritto di riscatto. Ma il classe ’88 è veramente il calciatore ammirato in viola oppure è il classico elemento che, in una grande squadra, subisce pressioni? Non proprio, se si considera il cambio di ruoli.

Cuadrado nasce a Necoclì, città della Colombia che confina con il Mar dei Caraibi. Una zona importante per il calciatore che, sin da piccolo, viene soprannominato Neco, appunto, per ricordare le sue origini. Come la maggior parte dei giovani che aspirano a diventare importanti per il loro Paese, Cuadrado ha il gioco del calcio nelle vene, esprimendosi a buoni livelli dalla tenera età. L’Atlético Uraba e l’Independiente Medellín sono le due esperienze importanti per Cuadrado che, tuttavia, nel luglio 2009 viene prelevato dall’Udinese. Con i friulani inizia la sua vera e propria carriera nel calcio che conta. Il suo ruolo iniziale si concentra in difesa perché nasce come terzino destro con spiccate doti offensive. Nelle 20 presenze con i bianconeri, nessuna rete e prestazioni non esaltanti che causano qualche malumore all’interno della club della famiglia Pozzo. Proprio per tale motivo e per il rilancio, Cuadrado viene spedito in prestito a Lecce, compagine in lotta per la salvezza e allenata da un certo Serse Cosmi. Con il tecnico romano, il classe ’88 dà una fondamentale sterzata alla sua carriera per una svolta tattica che lui stesso attendeva da molto tempo. Cosmi lo avanza di molti metri, facendo giocare Cuadrado come quinto di centrocampo o anche ala offensiva proprio per le sue caratteristiche che si legano con un gioco vivace e ficcante. Corsa, tecnica, velocità sono le principali caratteristiche del colombiano, che nel Salento colleziona 33 presenze condite da 3 reti, 2 assist e prestazioni che gli valgono una media voto vicina al 7,50.

Insomma, numeri importati per lui e per l’Udinese che, l’anno successivo, lo cede alla Fiorentina in prestito oneroso con diritto di riscatto. All’inizio, con l’allora allenatore Vincenzo Montella, si registra qualche difficoltà, dovuta al 3-5-2 non propriamente offensivo. Così, il tecnico campano, decide di schierarlo a centrocampo, con libertà di agire. L’esperimento si rivela azzeccato, con Cuadrado pedina imprescindibile dello scacchiere dei gigliati che, in molte gare, cambiano dal 3-5-2 al 4-3-3, spostando il colombiano in avanti. E’ innegabile che in attacco, il Cafeteros dia maggiori garanzie, come notato in alcuni match con una duttilità incredibile (il calciatore può essere impiegato a sinistra e in attacco). A gennaio 2015, dopo 83 apparizioni, 20 reti e 18 assist, passa al Chelsea per la “modica” cifra di 33 milioni di euro più il prestito di Salah. Ma in Premier League, Cuadrado non sente la fiducia, con Mourinho che preferisce inserirlo a gara in corso e quasi mai dall’inizio. Il ruolo non è però sempre lo stesso. Per la prima volta, dopo molti anni, il colombiano viene schierato sulla linea dei trequartisti a supporto dell’unica punta. Non propriamente una scelta positiva dello Special One che, senza battere ciglio, approva la cessione del calciatore, a tutti gli effetti nuovo elemento della Juventus. Per una nuova avventura. Per riprendere quel discorso con il calcio italiano interrotto solo pochi mesi fa che ammirava la passione del raggaeton nelle sue esultanze.

CONDIVIDI