Anche Vierchowod tra i “maestri” di Francesco Totti
Francesco Totti è l’icona di una città, uno dei tre talenti più luminosi e indiscussi del calcio italiano dell’ultimo trentennio. Una città che mai avrebbe detto di poter dimenticare così in fretta un Falcao, o peggio ancora un Giuseppe Giannini: Roma, paese anche natio e terra che per motivi storico-politici sente di aver sempre qualcosa di suo da dover difendere rispetto agli altri. Totti è l’uomo della Capitale, ma è stato soprattutto uno di quei giovani emergenti, uno per cui si fecero follie per prelevarlo dalla Lodigiani (300 milioni di lire e due giocatori adulti per averlo nella categoria Allievi: opera di un certo Dino Viola). E per emergere ci devi mettere del tuo, salvo però affidarti a giusti maestri, maestri che nel 90% dei casi non puoi scegliere. Così, dopo le giovanili, per il Pupone che si negò alla Lazio per volontà dei genitori arrivarono prima Vujadin Boskov (esordio in campionato negli scampoli finali di un Brescia-Roma 1993) e poi Carlo Mazzone con il quale avviene l’esordio con la maglia giallorossa dal primo minuto.
È un Roma-Sampdoria dei sedicesimi di finale di Coppa Italia, è dicembre, fa freddo, i muscoli sono duri. C’è anche la tensione. Centravanti, dice Mazzone. Lì al posto di Balbo che insieme ad altri cinque titolari dà forfait. A rendere omaggio al battesimo di un calciatore a cui Prandelli pensa ancora per il Mondiale in Brasile c’è un certo a Pietro Vierchowod. Gente senza pietà. Nel 1994 c’è chi marca ancora a uomo senza peli sulla lingua. Meno di venti secondi per fargli assaggiare i tacchetti, far capire a Totti ciò che sarà. Un altro maestro. Un insegnamento che Totti non dimenticherà, gettandosi subito con la mentalità giusta verso un futuro ancora inimmaginabile: eppure è sua l’azione (con fallo a favore) che porterà in quel match la Roma sull’1-0, favorendo il 2-1 finale che porta ai supplementari. Contro ai rigori c’è il miglior Pagliuca. Passa la Samp. Ma Totti è già in panchina a rifiatare. Chissà, magari quel giorno avrebbe anche reinventato con parecchi anni d’anticipo il cucchiaio più amato dagli italiani.